Verbania: la città giardino del Lago Maggiore

Verbania: la città giardino del Lago Maggiore

Continuando a proporre consigli, una perla del lago Maggiore, sponda Piemontese, è senza dubbio Verbania. La città è riconosciuta come “Città Giardino” del Lago Maggiore con le sue ville, per la sua eleganza a due passi dalle Isole Borromee…

Varbania: bellezza , natura, arte

La bella città di Verbania sorge sulle sponde settentrionali del lago Maggiore, dal cui toponimo latino, lago verbanus, ha origine proprio il suo nome. Verbania nasce in realtà dall’unione di quattro distinti e antichi centri (Verbania, Suna, Pallanza e Intra), disposti al di qua e al di là del fiume Toce, le cui acque sfociano sul lago antistante.
Le sue Ville, i suoi giardini ne fanno un luogo turistico-culturale apprezzato già dal 1800 dove grandi scrittori scelsero come mete questa “perla” del Maggiore, insieme a Stresa e le Isole Borromee.

Parchi e Giardini

Con i suoi rigogliosi parchi e giardini, nonché ville e altre eleganti testimonianze storiche, Verbania è conosciuta oggi con il nome di “Giardino del lago Maggiore”, una meta straordinariamente piacevole e ideale per tutti coloro che sono alla ricerca di un angolo incantato sulle suggestive rive del lago Maggiore. Sin dall’Ottocento la cittadina fiorita di Verbania diventa elegante e privilegiata meta per l’élite culturale di tutta Europa, grazie anche alla meravigliosa vista che da qui si apre verso sud incorniciando con estrema grazia e bellezza le isole Borromee e i loro palazzi e giardini incantati.

Cosa vedere a Verbania

I giardini botanici di villa Taranto

La villa, oggi sede della prefettura del Verbano-Cusio-Ossola, porta il nome di un suo antenato, nominato appunto duca di Taranto da Napoleone.
Il giardino della villa situata proprio tra Pallanza e Intra sul promontorio detto della Castagnola. è interamente visitabile e ospita circa un migliaio di piante e un immenso patrimonio botanico di oltre 20 mila differenti specie e varietà vegetali

Villa Giulia e i suoi Giardini

Tra gli altri affascinanti giardini di Verbania è senza dubbio da menzionare quello della splendida villa Giulia, che oggi rappresenta il parco pubblico cittadino. Costruita verso la fine dell’Ottocento in stile neoclassico sulle rive del lago Maggiore, villa Giulia colpisce per il suo stile semplice ma al tempo stesso monumentale, arricchito da preziosi materiali quali marmo di Carrara, marmo rosso di Verona e granito rosa di Baveno. Nel corso del Novecento diventa prima casa di cura poi casinò cittadino, una discoteca, fino a diventare spazio comunale per mostre ed eventi.

Vila San Remigio

La particolarità di quest’ultimo, rifugio negli anni di personalità come Gabriele D’Annunzio e Umberto Boccioni, che qui ritrasse il compositore italiano Ferruccio Busoni, è quello di essere suddiviso in stanze, secondo la moda e gli stili dell’epoca, e così si possono riconoscere, attraversandoli, un giardino all’italiana, uno all’inglese, un altro medievale, un bosco e un frutteto, tutti sapientemente armonizzati tra loro. Ognuno di essi a un tema: le Ore, la Letizia, la Mestizia, le Memorie e, infine, il giardino dei Sospiri,

Gallery (un ringraziamento particolare a Sergio Banfi Photographer ed amico!)

Gressoney tra natura e cultura

Gressoney tra natura e cultura

Ho visitato Gressoney dopo il Sacromonte di Oropa di Biella: incantevole sempre con i suoi prati e la straordinaria Chiesa di San Giovanni Battista… e poi tante esperienze fuori porta.

Ho visitato Gressoney ed in particolare la Chiesa Prepositurale di San Giovanni Battista che con il suo “tardo” barocco e le colonne in stile valdostano si presenta al visitatore in modo grandioso ed elegante nel contempo…Poi un giro al borgo…e per finire un ape a Viverone.

Sono arrivato a Gressoney da Biella dalla statale di Borgofranco ed attraversando una comoda “galleria” adiacente alla Fonte Guizza, ho raggiunto Gressoney. Lo sapevate dell’esistenza di questa Galleria che ti permette di passare dal Piemonte alla Valle d’Aosta in un “baleno”?
Altrimenti, ci sarebbe stata un’altra alternativa, raccontatemi dai valleggiani biellesi, raggiungere il Lago della vecchia a piedi e poi da li scendere a Gaby in Valle d’Aosta in meno di 5 ore?

Io ho preferito la “variante” molto ma molto suggestiva ed in men di 45 minuti ho raggiunto la destinazione Gressoney. Dopo colazione in centro, dove ho apprezzato alcuni dipinti, non come Perloz o Issime…ma…si va alla Chiesa di San Giovanni Battista, dove i dipinti saltano all’occhio e ti coinvolgono. Seguitemi…

La facciata principale della chiesa è caratterizzata dall’ampio tetto a due spioventi che la protegge interamente. Si dice che anticamente fosse tutta dipinta come quella di Perloz e Issime.
Un omaggio alla regina Margherita di Savoia. Lo sapevi che nel 1928 fu collocato il busto della regina Margherita, in memoria del fatto che durante i suoi 36 anni di villeggiatura a Gressoney la stessa soleva recarsi qui a messa ogni domenica percorrendo a piedi il sentiero che oggi si chiama “passeggiata della Regina”.

Gli Interni:

L’interno si presenta grandioso ed elegante. Alla navata principale si affiancano le due navate laterali separate con colonne monolitiche in granito. Il soffitti sono a volta a vela e dipinti da Giovanni Stornone nel 1818 sulla base di quelli del 1500.I dipinti sono semplici e narrano storie religiose.

Il pittore Nino Pirlato chiamato a restaurare i dipinti nell’anno 1955 modificò le originarie decorazioni in stile classico delle lesene (cornici geometriche e foglie d’acanto) e dei cornicioni introducendo ornamenti con motivi di conchiglie in stile neobarocco, e sostituì il grande dipinto di San Giovanni (seicentesco) che medita nel deserto sopra l’altare e i due medaglioni laterali con quelli ancora visibili oggi.

Fanno scena i due altari: quello maggiore e quello minore. A me è piaciuto quello minore dove ho intravisto del barocchetto “tedesco”.

L’altare maggiore in marmo a diversi colori proviene dall’antica chiesa di San Francesco di Ivrea che fu soppressa dalle leggi napoleoniche nel 1812. Dei gressonari della famiglia De La Pierre l’acquistarono per farne dono alla loro chiesa nel 1818. Sopra l’altare, durante i periodi liturgici di San Giovanni e di Natale vengono poste quattro statue settecentesche raffiguranti Maria, san Giuseppe, Elisabetta e Zaccaria. Sopra l’altare si trova una grande tela raffigurante san Giovanni Battista che medita nel deserto e i due medaglioni laterali (questi dipinti furono sostituiti con altri analoghi durante l’intervento di Pirlato. La Parrocchia possiede anche una reliquia di San Giovanni portata qui dalla Germania nel primo ottocento da un altro parrocchiano.

Gli altari minori

Vi sono altri quattro altari laterali: notevole per la composizione plastica quello del S. Rosario, in legno intagliato e in gran parte dorato, con la statua della Madonna al centro che reca la data del 1662 circondata da 14 cornici contenenti le raffigurazioni dei misteri del Rosario. Il mistero dell’Annunciazione è raffigurato in proporzioni più grandi in alto. Le altre due statue che raffigurano S. Domenico e Santa Caterina sono recenti e realizzate dallo scultore valdostano Siro Viérin perché le originarie sono state rubate nel 1975.

Anche gli altri altari risalgono al settecento e costituiscono dei pregevoli esempi di scultura lignea policroma. Quello nella navata destra è dedicato a san Sebastiano, e ai lati troviamo san Grato e san Lorenzo Martire, mentre in alto c’è san Giuseppe col bambino.

Nella navata di sinistra si trovano invece gli altari dedicati a sant’Antonio con san Grato e san Pantaleone, e quello dedicato a santa Caterina tra sant’Anna e san Giuseppe.

I banchi

Caratteristici i banchi in legno di larice settecenteschi con le testate scolpite che richiamano motivi bavaresi. In quel tempo la Baviera era luogo terminale dei commerci attuati dai Gressonari e alcuni rami di famiglie vi presero anche la residenza.

L’esperienza è continuata facendo un giro al borgo, apprezzando le bontà tipiche valdostane.

Non ci si puo’ non fermare all’emporio centrale e non assaggiare la Fontina d.o.P. fatta dai “casari” del posto. Oppure non assaggiare ed acquistare la “mocetta” . La mocetta è un tipico salume valdostano, preparato con la coscia di vacca invecchiata secondo l’antico metodo di salagione e conservazione, dicono i valdostani. Si fa solo con le parti più magre, per questo è ideale anche nelle diete, oltre che essere molto gustosa e aromatica.

E poi oltre agli insaccati, ho trovato il “Bombardino” ovvero liquore all’uovo fatto in valle. In Lombardia è noto come “Fil de fer”…utilizzato e bevuto in compagnia in inverno.

E dopo aver dato il contributo, colazione e pranzo con prodotti tipici, “Polenta concia”, Stinco, castagne imbevute nel miele, e far girare “l’economia”, si riprende la strada del ri-torno a Biella (Andorno Micca).

Sosta a Fontainemore, con la bellissima chiesa e l’esplosione dei colori dei fiori (A Gressoney esiste un vero e proprio concorso), aver visto l’orrido, la buca del Lys, si riprende la provinciale passando da Borgofranco, poi da Ivrea, città industriale del XX secolo che le è valso il riconoscimento di città patrimonio Unesco grazie al museo Olivetti, si giunge a Viverone. Bagno d’obbligo nel lago in concomitanza anche del IX° campionato Italiano di WaterFestival 2023 con l’emozionante gara dei bolidi d’acqua che ha concluso la ricca giornata fuori-fuori porta.

Il borgo del Piazzo di Biella: il salotto della città

Il borgo del Piazzo di Biella: il salotto della città

Sono di-sceso dal Sacromonte di Oropa e una tappa fondamentale è stata il Piazzo di Biella: un exscursus tra diverse epoche nel salotto buono della città. Lo conosci?

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Lo conoscevi il Borgo del Piazzo di Biella? E’ stato anche candidato tra i borghi più belli d’Italia insieme al Ricetto di Candelo, sempre nella “creativa” Città di Biella Patrimonio Unesco…

E lo sapevi che su tutta la piazza, il salotto della città, esistono bar e luoghi tipici dove apprezzare le bontà del luogo? Ad esempio i “Torcetti di Biella” bontà semplici, accompagnati da un buon caffè o il liquore della dittà storica “Ratafia’” della “mia”  Andorno Micca?

E poi  un rivolo di strette viuzze ripide e acciottolate, chiamate coste, che collegano la parte bassa della città con la cima del colle. E nel Piazzo sono ancora piu’ evidenti grazie ai portoni che dai portici portano alle case del Piazzo. Non è difficile “sbirciare” dai portoni le casette “abbarbicate” sulla costa attraverso “pertugi” costruiti con arte e lungimiranza…

Un altro elemento che mi ha sempre affascinato è la presenza della funicolare, una piccola cabinovia a rotaia, pubblica, che collega piazza Curiel, in Biella Piano, con la Stazione Cucco, situata su di un lato del borgo vecchio. Dopo un periodo di fermo, ora è possibile, salendo, ammirare la città con vista panoramica al centro, al Duomo, al Museo del territorio.

UN PO’ DI STORIA

Fondato in epoca medievale, poco prima del 1200, il borgo del Piazzo si trova a un’altitudine di 480 metri s.l.m., proprio dove ebbe origine il primo nucleo cittadino che poi divenne Biella.

Da questa parte si trova la chiesa della confraternita di Sant’Anna, risalente al 1600/1700, perfettamente restaurata e racchiusa tra edifici che le sorgono a ridosso da ambo i lati. Sempre in via Avogadro si trovano l’Asilo Infantile e Scuola Femminile e, al fondo della strada prima del ponte, la pittoresca Porta della Torrazza con il suo arco a castello.

Degna di una particolare nota è la cappella di San Rocco, una piccola chiesetta malconcia dentro cui si trovano pochi banchi e un piccolo altare. Gli affreschi e le pareti sono quasi tutte scrostate e andrebbero restaurati.

Torniamo verso il cuore del borgo del Piazzo, alla sinistra, appena fuori della Stazione Cucco si trova una ripida strada in discesa, è una delle antiche coste che, poco più sotto, dopo aver passato l’antica Porta d’Andorno, LA “MIA” PORTA, ultimo accesso medievale ancora originale, si dirama dividendosi in Costa del Piazzo e Costa delle Noci.

Di fronte alla stazione troviamo invece Piazza Monte Cucco, una delle piazzette panoramiche di questa zona. Su di essa sorge anche un’antica casa risalente al 1400 dentro le cui mura si possono vedere i travi di legno che sorreggono la struttura.

Corso Piazzo inizia qui e, passando tra Palazzo Cisterna, sulla destra, e i suggestivi portici, a sinistra, conduce in Piazza Cisterna, Su questa piazza, sotto ai portici che la costeggiano da entrambi i lati, si trovano numerosi bar, ristoranti e negozi

Segnalo a sinistra sul fondo di Piazza Cisterna, la piccola Piazza San Giacomo, ove sorge l’omonima chiesa che è anche il più antico edificio del borgo del Piazzo, e sulla quale affacciano anche alcuni palazzi privati.

Da qui, percorrendo delle piccole viuzze, ci si ricollega alla strada carrabile che giunge da Biella Piano e lungo cui si trovano altre grandi residenze quali Palazzo Lamarmora o Palazzo Ferrero, un tempo dimore di facoltose famiglie locali.

Se hai voglia di fare qualche passo vale la pena di raggiungere proprio Palazzo Ferrero, caratterizzato dalla torre ottagonale, oggi fasciata da diversi tiranti che hanno la funzione di sorreggerla.

Per ulteriori info:

ATL Biella
Comune di Biella

Il Sacromonte di Oropa: uno dei più alti Siti Unesco

Il Sacromonte di Oropa: uno dei più alti Siti Unesco

Ho la fortuna di avere una casa di villeggiatura ad Adorno Micca in Valle Cervo, sopra Biella e spesso mi sono recato al Sacromonte di Oropa (molto sentito in Valle). Sono 12 le cappelle e sono dedicate alla vita di Maria e …non solo. Stamani era bello, ma nel pome il tempo è cambiato, ma non ha mutato la bellezza del sito Patrimonio Unesco. Seguimi, te lo racconto.

A due passi dalla casa in montagna ad Andorno Micca esiste il Sacromonte di Oropa, Patrimonio Unesco ed il Santuario annesso che i vallegiani, hanno soprannominato della Madonna Nera.

Oggi, sebbene nel pomeriggio fosse arrivato un temporale, ho visitato il sito Patrimonio Unesco con mio suocero Luciano (anni 89). Anche lui aveva voglia di rivedere questa bellezza immersa nel verde delle prealpi Biellesi.

A circa 1200 metri di altitudine, in una conca ai piedi di una scenografica quinta di monti è situato il grande complesso del Santuario, con le due basiliche, quella Antica e quella Superiore, precedute da ampie corti fiancheggiate da edifici e portici.

Salendo da Biella, poco prima di raggiungere il complesso, sulla sinistra si diparte il percorso devozionale del Sacro Monte che corre a zig zag su di un declivio erboso ancora oggi adibito a pascolo.

Le dodici cappelle, costruite a partire dal 1620, raccontano all’interno la vita di Maria con  statue in terracotta policroma e affreschi di Giovanni d’Enrico e della sua bottega, di Bartolomeo Termine e Agostino Silva e nel Settecento di Carlo Francesco, Giuseppe Auregio Termine e Giovanni Galliari. Altre cinque cappelle site lungo la parte terminale della salita che giunge a Oropa da Biella, a est del Sacro Monte sono dedicate ai santi e alla tradizione del santuario.

Il progetto

Il progetto del Sacro Monte fu messo a punto da un frate cappuccino, padre Fedele da San Germano, tra il 1617 e il 1620, e prevedeva venticinque cappelle. Si pensava a un percorso narrativo complementare e preparatorio alla visita e all’adorazione della Madonna di Oropa, con statue colorate a grandezza naturale di grande efficacia visiva, come quelle del Sacro Monte di Varallo  e del Sacro Monte di Varese. Il progetto, iniziato nel 1617 per concludersi intorno al 1720 circa, prese corpo grazie al sostegno delle comunità rionali di Biella e dintorni e delle famiglie della nobiltà locale.

Per l’allestimento interno furono coinvolti i plasticatori valsesiani d’Enrico, attivi anche ai Sacri Monti di Varallo e di Orta. I personaggi plasmati da Giovanni d’Enrico si riconoscono per il grande realismo e gli atteggiamenti naturali e spontanei che lasciano trasparire le emozioni. La mano dei D’Enrico plasmava visi dai lineamenti profondi, fronti corrugate, occhi accesi, mani nervose mentre per le barbe ed i capelli utilizzava elementi naturali per  accentuarne il realismo, come si vede nelle cappelle dello Sposalizio, delle Nozze di Cana e del Paradiso. 

Un consiglio dopo la visita al Sacromonte: visitare i dintorni ed in particolare Il Piazzo di Biella. é il salotto buono della città. Si raggiunge in auto oppure attraverso la Funiculare (gratuita) .

Cenni storici

All’origine del Santuario vi era un piccolo sacello eremitico. Fu il vescovo di Vercelli Aimone di Challant, alla fine del XIII secolo, a consacrare una nuova chiesa e a lasciare in dono la statua della Madonna Nera. Una nuova più grande chiesa, successiva alla peste del 1599, che conservò all’interno, sotto la cupola, l’edificio precedente, venne pressoché conclusa nel 1620 quando fu celebrata, con grandissimo concorso di popolo, la prima solenne Incoronazione della Vergine. In quella stessa occasione si pensò alla costruzione di un  Sacro Monte per alimentare la devozione alla Madonna arricchendola con il racconto in immagini della storia della sua vita. 

Il successo della Prima Incoronazione rafforzò i legami con la dinastia sabauda che impegnò gli architetti di corte nell’ampliamento del Santuario tra Seicento e Settecento, fino a trasformarlo in un grande complesso residenziale extraurbano simile alle ville regie di Rivoli, Racconigi o della Venaria Reale. Nel 1725 Filippo Juvarra costruì la nuova scenografica porta di ingresso al santuario. I legami con la Casa Savoia sono testimoniati dai numerosi ritratti conservati presso l’Appartamento Reale nel  Museo del Tesoro. 

Info Utili

Santuario di Oropa
Via Santuario di Oropa, 480 , 13900 Biella
Tel: +39.015 25551203
E-mail: info@santuariodioropa.it
Sito web: http://www.santuariodioropa.it

Cave di Candoglia: le origini del Duomo di Milano

Cave di Candoglia: le origini del Duomo di Milano

Lo sapevi che il Duomo di Milano è stato costruito con il marmo proveniente dalle Cave di Candoglia? E lo splendore della pietra emerge con il bagnato? Ho visitato la cava con il collega fotografo Sergio Banfi e con Nicoletta, una guida straordinaria, che ci ha narrato questa eccellenza e vorrei trasmetterla anche a voi….Seguitemi!

Una bella esperienza vissuta sabato 29 luglio alle Cave di Candoglia. Con il Collega Sergio Banfi e la preparata guida Nicoletta, ho scoperto aneddoti e curiosità per apprezzare ancor di più questo “monumento” alla bellezza. Te lo racconto…

A monte della frazione di Candoglia, nel comune di Mergozzo, sulla sinistra del fiume Toce e proprio all’imboccatura della Val d’Ossola, in Piemonte, si trovano le sorgenti vive del Duomo di Milano, da cui proviene il marmo che compone la Cattedrale.

La sua bellezza cristallina screziata di rosa, unita alla grande resistenza dovuta alle eccezionali caratteristiche fisico-chimiche, ha portato un contributo di straordinario valore alla realizzazione del Monumento e ne ha condizionato l’architettura, la statica e la parte ornamentale.

Fu Gian Galeazzo Visconti a decidere di sostituire il mattone, originariamente pensato per la costruzione del Duomo nel progetto iniziale, con il marmo. A questo scopo, il 24 ottobre 1387, cedette in uso alla Veneranda Fabbrica la Cava di Candoglia e concesse il trasporto gratuito dei marmi fino a Milano attraverso le strade d’acqua.

Il trasporto del materiale fino a Milano avveniva dal Toce al Lago Maggiore, lungo il Ticino e il Naviglio Grande e poi dentro alla città fino alla darsena di Sant’Eustorgio.

Attraverso il sistema di chiuse, realizzato dalla Fabbrica, arrivava fino al Laghetto (oggi Via Laghetto), a poche centinaia di metri dal cantiere della Cattedrale, nel cuore della città.

Anche dopo la chiusura del Laghetto, il trasporto dei blocchi fino a Milano rimase via acqua fino al 1920, per poi passare su strada. A partire dal XV secolo il marmo di Candoglia fu utilizzato anche per altri monumenti oltre al Duomo di Milano.

Vi allego i links: quali l’arca di Sant’Agostino, la Certosa di Pavia e, in misura minore, la Cappella Colleoni a Bergamo, la Chiesa di San Francesco a Piacenza e la Basilica di San Petronio a Bologna

Aneddoti

Nicoletta ci ha raccontato tanti altri aneddoti. Ad esempio: sai da cosa deriva mangiare ad ufo? Il termine  ufo è legato alla consuetudine (non documentata) delle chiatte che scendevano dal Toce fino ai Navigli via Ticino, di offrire gratuitamente passaggi gratis alla popolazione: secondo questa versione, andare fino a Milano ad ufo era andarci senza spendere un soldo. C’è anche un’altra interpretazione ovvero le imbarcazioni che trasportavano i materiali (esenti da pedaggi) per la fabbrica erano contraddistinte dalla scritta ad Usum Fabricae Operis, da cui deriva l’espressione ad ufo come sinonimo di gratis.

Le dimensioni della Cava madre: La caratteristica escavazione del marmo è stata raffinata nel tempo ma la tecnica è sostanzialmente rimasta invariata con il taglio dei blocchi col metodo del filo in metallo sostituito dal filo in diamante; stupisce e impressiona la profondità della caverna-galleria della Cava Madre che raggiunge al banco superiore di estrazione 120 metri mentre 45 metri l’altezza per una larghezza di 22 metri. Dimensioni imponenti che hanno imposto opere di sicurezza in cemento armato e reti di consolidamento di tutte le pareti laterali anche se tali opere appagano l’occhio ma non la montagna per le casuali ed impressionanti forze pressorie che ne possono scaturire.

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Uomini impiegati: almeno 400 prima del novecento. Attualmente lavorano fissi circa 15 tecnici specializzati e tra questi Alessandro, ornatista, che ci ha raccontato nel “suo” laboratorio all’interno della area della Veneranda Fabbrica del Duomo la tecnica che usa con l’evoluzione verso le tecnologie. Non pensate che gli scultori usino ancora il martello e scarpellino? Oggi si utilizzano strumenti di Cad, macchine a controllo numerico che, in caso di riproduzione di una guglia o statua, ripropongono fedelmente, grazie al professionista, l’opera. Tendenza confermata anche dal nostro Nicola Gagliardi, di San Vittore Olona, che ha collaborato con la Veneranda Fabbrica al ripristino di statue affermando che oggi la tecnologia diventa un alleato insostituibile dell’uomo e quindi dell’artista.

Santa Marta e Nicoletta

Perchè visitare il Museo Archeologico di Mergozzo?

Innanzitutto c’è un collegamento stretto tra le cave di Candoglia e il Museo, inoltre, perchè in questi territorio il marmo ha rappresentato la crescita, l’identità e lo sviluppo del territorio a partire dai Romani.
Nicoletta ci ha fatto immergere in questo periodo storico facendoci “attraversare” nelle diverse epoche, dove l’occupazione e lo sviluppo si doveva alle cave della veneranda fabbrica del Duomo…Ma val la pena una visita…

Entrando a narrare il Museo esso contiene una piccola mostra di materiale archeologico del territorio di Mergozzo, allestita nell’estate del 1969, fu motivo di incontro per un gruppo di appassionati delle più antiche testimonianze storiche del paese.
Si costituì così, sotto forma di comitato, il Gruppo Archeologico di Mergozzo (G.A.M.) che, nell’antica Casa del Predicatore concessa dalla Parrocchia, cominciò a raccogliere in custodia conservativa il materiale archeologico che fu possibile reperire presso vari privati che ne erano in possesso o emerso dagli scavi condotti negli anni a Mergozzo ed in altre località provinciali.
Divenuta inadeguata la sede originaria, grazie all’intervento del Comune di Mergozzo e della Regione Piemonte, con il coordinamento della Soprintendenza ai Beni Archeologici del Piemonte, a partire dal 2003 i materiali sono stati trasferiti in una nuova e più moderna sede, rispondente agli attuali criteri di sicurezza ed accessibilità, inaugurata nel settembre 2004.

Un grazie alla guida Nicoletta, ad Alessandro ed alla Veneranda che da secoli partecipa alla bellezza del nostro territorio ed in particolare al Duomo di Milano, esempio culturale tra i più apprezzati in Italia…e non solo!

Note:

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