Per coloro che non hanno avuto il piacere di partecipare agli spettacoli “internazionali” di Stresa festival, il festival-arcipelago sonoro senza confini, domenica 22 luglio ho partecipato al il Rigoletto di Verdi con la ”sperimentazione” di Giovanni Aliverta con Voce all’Opera…Seguitemi che ve lo racconto.
Un’atmosfera d’altri tempi
In un’atmosfera di altri tempi, la Villa Bossi di Orta e successivamente, nella seconda parte, sull’affascinante Isola di san Giulio, Giovanni Aliverta ha avuto la fortuna di avere due location straordinarie che ha adattato alla tragedia Verdiana.
Il regista che sa valorizzare le voci giovani dell’Opera Italiana, ha portato in scena artisti musicisti in numero “ridotto”, ottenendo sempre la stessa emozione di un’orchestra al completo collocandoli in una parte scenica e “acustica” della Villa.
E poi la sensazione di internazionalizzazione.
Infatti, nell’accogliente Villa siamo stati accolti dal brusio di ospiti , che in tutte le lingue, facevano apprezzamenti in Francese(tanti), tedesco (ancora tanti) ed in Inglese. Mi è sembrato di essere non in Italia…ma questa è bellezza: la cultura travalica le nazioni e ti fa sentire “veramente” cittadino Europeo grazie anche alla vision di Stresa Festival, che rappresenta un arcipelago sonoro senza confini.
Entrando per un momento nell’Opera verdiana, Rigoletto è tragedia immersiva. Così l’ha pensata, immaginata e voluta il drammaturgo e regista Gianmaria Aliverta, che da oltre dodici anni con VoceAllOpera porta in giro per il mondo questo nuovo modo di fare opera valorizzando giovani talenti, alcuni cresciuti nella “sua” scuola di drammaturgia.
Al centro dell’azione c’è lo spettatore a stretto contatto con i cantanti: in questo modo si cambia totalmente la prospettiva del pubblico che viene catapultato con dolcezza all’interno della vicenda, potendo godere per la prima volta di tutte quelle sfumature che vivono i protagonisti ed eliminando quella barriera che c’è tra spettatore e palcoscenico. Gli artisti si sono mossi, sia in Villa Bossi sia sull’Isola San Giulio, cantando accanto al pubblico. In questo modo abbiamo vissuto l’opera in modo totale restando a un palmo dall’agonizzante Gilda.
Niente cambi scena, niente teli dipinti da illuminare: ma le due straordinarie location che Aliverta ha gestito ed utilizzato con maestria, valorizzando i giovani talenti…che stanno crescendo.
15^ edizione del festival “diffuso” nell’Altomilanese che coinvolge 14 comuni con 25 spettacoli “gratuiti”.
Lo sapevi che tra le tante eccellenze sull’Altomilanese, spicca anche Donne In•canto?. Quest’anno è la 15 edizione ed io prima come assesempione.info e poi come sempionenews.it le ho seguito tutte.
Oltre alla inaugurazione sabato 22 ho seguito una bella performance di Caterina Cropelli ed i Bastard of Dionisio nella stupenda location del Castello di Legnano.
Caterina, di 27 anni, che ho conosciuto al premio Donne incanto 2022, ha “incantato la stupenda location viscontea, proponendo brani della sua “giovane” playlist,della sua non coerenza con il brano ma anche contaminazioni con i Bastard of Doinisio.
Lei giovanissima e timida sul palco racconta i pensieri che generano le sue canzoni e quasi se ne vergogna. Poi imbraccia la chitarra, o l’ukulele, e parte per un viaggio musicale portando con sé il pubblico. I Bastard Of Dionisio sono in tre, formazione classica: chitarra, basso e batteria, suonano da 20 insieme e ci provano a picchiare piano, ma è impossibile trattenere l’anima rock. Sulla carta non dovrebbe funzionare e invece quando salgono sul palco del Castello di Legnano il suono acquista coerenza
Prima di entrare nella “accogliente” serata ti do’ un po’ di numeri e curiosità
Il festival al femminile ideato da Giorgio Almasio nel 2008 è una delle rassegne uniche in Italia e valorizza l’espressione artistica, al femminile, in tutte le sue declinazioni. Dal teatro, alla musica, alle performance fino alla poesia.Nel 2023 ha realizzato la 15^ edizione.
Madrina: il festival dalla prima edizione ha visto la testimonianza di diverse donne artiste in qualità di madrina: da Ottavia Piccolo, Barbara De Rossi, Marisa Laurito, Gina Lollobrigida, Giuliana De Sio, alla Lina Wethmuller,. . L’edizione 2023 è stata Vanessa Gravina.
Dedica 2023: Ogni anno il festival Donne incanto dedica la stessa ad una donna straordinaria. Quest’anno è stato dedicato a Maria Callas.
Donne e solidarietà: il festival guarda anche a chi è in difficoltà. Dedica una parte degli introiti con donazioni alla “Valigia di salvataggio”. E’ un progetto ideato da Barbara De Rossi nel 2017, che accoglie le donne vittime di violenza ed il termine valigia realmente è una valigia pronta con “cose” di prima necessità per chi deve “scappare” dalla violenza. Il direttore artistico Giorgio Almasio ha ricordato che dal 2017 a oggi il Festival ha raccolto 25.000 euro
Curiosità
Il periodo: da maggio a ottobre (circa 6 mesi di cultura diffusa con in finale, l’assegnazione del Premio “Donna In•canto 3ª Edizione”.
Dove. Essendo diffuso riguarda 14 comuni dell’Altomilananese.
Commenti personali e perché approfittare di questa occasione culturale.
Ieri è stata proprio una bella serata dove ho potuto salutare amici, il direttore Giorgio Almasio e l’amico e presidente di Fondazione Ticino Olona, Salvatore Forte che si prodiga, fin dalla prima edizione a supporto del festival insieme ai comuni coinvolti.
Il festival è gratuito (per quello detto prima) Socialità: tante persone vivono l’attesa del festival e grazie alle prenotazioni obbligatorie, il festival è sempre sold-out Rete: Il festival coinvolge 14 comuni e rappresenta una rete “culturale” importante Validità della proposta culturale: da maggio a ottobre arrivano, ogni anno, il meglio delle artiste italiane al femminile (gratuitamente).
Alla scoperta delle bellezze del 400-500 Lombardo a Legnano in notturna.
L’altra sera ho fatto una nuova esperienza: Il Tour Rinascimentale a Legnano realizzato dall’Ufficio Cultura del Comune e dalla Cooperativa Stripes con la Guida Giulia Tremolada, che ha narrato a circa 30 visitatori la bellezza diffusa in città.
Il focus si è concentrato sulle famiglie di Legnano, ma non solo (Visita alla Torre Colombera Palazzo di caccia, San Magno e Palazzi Arcivescovili) molte delle quali abitanti a Milano ma che avevano interessi sul legnanese e volevano sfuggire alla “calura” di Milano (anche allora il caldo era soffocante!).
Lo sapevate che , nel 1400, alcuni nobili milanesi venivano a “rinfrescarsi” a Legnano? Al pari delle Ville della Delizia che troviamo qui vicino sull’asse Abbiatense-Magentino.
Allora si parte
(Prima tappa Museo Sutermeister, poi Torre di caccia la Colombera, poi Palazzi Arcivescovili e piazza San Magno). Il Museo Sutermeister dedicato al grande ingegnere della Tosi che negli anni trenta ha scoperto e valorizzato la bellezza legnanese: opere “nascoste” alla Colombera, scoperte di Tombe ed edifici romani raccolte appunto nel Museo Sutermeister a Lui dedicato. A lui dobbiamo la nascita dell’Associazione Arte Storia che ci fa conoscere, ancora oggi, la bellezza in città.
La brava guida Giulia ci ha accolti nell’atrio Tombe e Stemmi antistanti alla sala Romana e ci ha introdotto alla Sezione Romana. La Sala al piano terra del Museo ospita una selezione di reperti di età romana provenienti da scavi di necropoli e di abitato effettuati a Legnano e nel territorio limitrofo. Giulia ha approfondito un aspetto, quello della romanità, particolarmente significativo per la valle del medio corso dell’Olona che, pur essendo stata frequentata dal III millennio a.C. e stabilmente abitata dal XIII secolo a.C., vede la più alta concentrazione di testimonianze proprio a partire dalla prima età imperiale.
Ma non è finita qui.
Il percorso è proseguito verso la Torre Colombera incastonata in un palazzo residenziale tra via Garibaldi e via San Domenico (purtroppo senza un’indicazione segnaletica!)
La Torre Colombera è un edificio a tre piani che deve il suo nome alla forma alta e stretta che in passato contraddistingueva le strutture adibite all’allevamento dei colombi. Per lungo tempo trascurata, la sua storia cambierà completamente quando verranno scoperti al suo interno affreschi che indicano una proprietà nobiliare. Qui la brava Giulia ci ha fatto scoprire le opere “staccate” dalla case-ville dei nobili Milanesi da Casa Vismara, Casa Magna, Villa Coiro, Villa Lampugnani e Palazzo Crivelli (molte volte imparentati tra loro).
Poi scoperte verso Piazza San Magno e la sua Basilica con il racconto della Pala del Luini, l’architettura Bramantea (dove però non ha lavorato il Bramante…ma suoi seguaci), fino alle Cappelle del Lampugnani (artista, come Bernardini Luini del 400/500 Lombardo e Piemontese).
Infine i Palazzi Arcivescovili.
Della corte arcivescovile, costituita nella seconda metà del secolo XIII (Leone da Perego fu arcivescovo di Milano dal 1241 al 1257), oggi rimane ben poco, avendo subìto radicali ristrutturazioni a partire dall’anno 1898. Due i palazzi importanti probabilmente sorti sui resti del castello dei Cotta, per volere degli arcivescovi di Milano: il Palazzo di Leone da Perego e il Palazzo di Ottone Visconti. Il vasto possesso arcivescovile che faceva corona ai due palazzi era luogo prediletto… (lo sapevi che a Legnano nel 500 c’erano tanti ordini ecclesiastici e a molte volte gestivano gli interessi insieme ai nobili locali, dei proprietari terrieri milanesi?)
Il mio commento: la visita è stata un successo…bisogna rifarla piu spesso e coinvolgere anche le scolaresche. Molti di noi sono passati pure davanti a queste eccellenze, ma vuoi per mancata segnalazione (caso Torre Colombera) vuoi per i tempi “veloci” della città, non ci si ferma.
E stato un successo farla in “notturna” per superare anche la “calura diurna”. Ottima l’integrazione pubblico-privato (Comune-Stripes)… Consiglio: da R I F A R E (SPESSO)
Ho visitato in moto, il Sacro Monte di San Francesco a Orta: 20 cappelle dedicate al Santo immerso nello splendore e nella bellezza sovrastante il Borgo tra i più belli d’Italia. Seguimi…
Il Sacro Monte San Francesco a Orta si trova in un contesto paesaggistico straordinario, su un promontorio boscoso che si protende nel lago di Orta. Venti cappelle immerse nella natura illustrano con sculture e pitture gli episodi della vita di San Francesco, distribuite lungo un percorso che si snoda sulla cima del monte, aprendo spettacolari vedute sul lago d’Orta e sull’isola di San Giulio. La prima idea della comunità di realizzare un itinerario religioso sul modello del Sacro Monte di Varallo risale al 1583, ma si concretizzò soltanto nel 1590 grazie all’apporto dell’abate novarese Amico Canobio e al progetto dell’architetto cappuccino Cleto da Castelletto Ticino.
Tra il 1593 e il 1615 il vescovo di Novara Carlo Bascapé divenne il vero protagonista del cantiere, decidendo la successione di scene da realizzare all’interno delle cappelle, stabilendo con Cleto da Castelletto la struttura architettonica del complesso e chiamando ad Orta artisti di notevole fama
Le statue e i dipinti del Sacro Monte compongono scene di grande realismo, dove le atmosfere intime e naturali tipiche dell’arte lombarda di primo Seicento si combinano con la vivace teatralità barocca di fine secolo. Tra gli artisti che lavorarono al Sacro Monte di Orta, spiccano i Fiammenghini, il Morazzone, Cristoforo Prestinari, i fratelli d’Enrico, Dionigi Bussola e i fratelli Nuvolone.
Il percorso di visita termina all’interno della chiesa di San Nicolao, edificio proto-romanico, completamente rimodellato nel corso del XVII secolo ad imitazione della Basilica inferiore di Assisi, che ospita l’antico gruppo ligneo della Madonna della Pietà (XIV secolo).
La bellezza del paesaggio, il silenzio e il rapporto armonico tra arte, architettura e natura riflettono pienamente la spiritualità francescana.
La Riviera di San Giulio, cioè la zona intorno al lago, sin dall’XI secolo era governata dal vescovo di Novara. Nel 1538 si narra che la scultura lignea della Madonna della Pietà (XIV secolo), ancora visibile sull’altare principale del santuario intitolato a san Nicolao di Mira, operò svariati prodigi determinando un forte incremento della devozione. Nel 1583 la Comunità decise di costruire il complesso francescano in cima al colle, iniziato nel 1590. Per il successo del progetto fu fondamentale il ruolo del vescovo Carlo Bascapè (1593-1615), principe della Riviera, che donò la terza cappella dove San Francesco si spoglia dei suoi beni davanti al vescovo di Assisi e che curò la regia dei lavori insieme all’architetto cappuccino Cleto da Castelletto Ticino e con la Fabbriceria indicando cosa raffigurare all’interno delle cappelle ove, con affreschi e statue di grande naturalezza, si racconta la vita di san Francesco.
In questa prima fase vi lavorarono lo scultore milanese Cristoforo Prestinari, statuario presso il Duomo di Milano, il valsesiano Giovanni d’Enrico, attivo anche a Varallo e Oropa e, per gli affreschi, i fratelli della Rovere, detti i Fiammenghini, Pier Francesco Mazzucchelli, detto il Morazzone e artisti locali. Dal 1660 circa lo scultore milanese Dionigi Bussola, attivo anche a Domodossola, Varese e Varallo , introdusse un linguaggio vivace, mosso e teatrale ormai di gusto barocco mentre i pittori Stefano Maria Legnani e Giovanni Battista Cantalupi portarono al Monte il nuovo gusto rococò a partire dallo scorcio del Seicento.
Lo sapevate che sul Lago di Varese esiste un’Isola che è Patrimonio Unesco? E che esiste un Museo, il Museo Ponti, che contiene reperti risalenti all’Età del Bronzo? Peccato che è Tutto chiuso e purtroppo lasciato andare. Vi racconto la mia esperienza!…
Una bella ed amara esperienza
Dopo che ho scoperto che i traghetti (barche Turistiche navigazione ) da Schiranna, Gavirate e Biandronno non erano in funzione, faccio la traversata in SUP in una vegetazione stupenda e man mano che mi avvicinavo all’Isolino, la meraviglia delle ninfee di colore rosso e giallo sbocciate.
Ma giunto all’Isolino Virginia, dove lo stupore del silenzio, la convivenza con 8 papere ed una family di Cigni(coppia con 6 pulli), scopro che è tutto andato a male: Museo Ponti chiuso(vedi foto a sx) , Ristorante abbandonato, aula didattica insediamenti palafittici rovinati.
L’isola è sempre stata rinomata quale oasi di tranquillità, legata strettamente alla bellezza ambientale del Lago, alla vegetazione e alla fauna che qui vivono ma arrivare in questo paradiso è ritrovarsi da solo a luglio, per un sito che dovrebbe essere popolato da turisti provenienti almeno dalla U.E. fa proprio male!
Sito UNESCO
Situata in comune di Biandronno ma proprietà del Comune di Varese l’isola dal 1863 è uno dei siti più rilevanti della preistoria europea, poiché conserva i resti del più antico insediamento palafitticolo dell’arco alpino e nel 2011 è stata inserita nel sito seriale UNESCO “Siti palafitticoli preistorici dell’arco alpino”.
Il sito, che rientra tra i siti Palafittici della Lombardia e Italia del Nord ( ne abbiamo altri solo nell’area del bresciano) ha avuto un suo momento di …Gloria!
Per anni ho partecipato alla BIT (Borsa internazionale del Turismo) e la Provincia di Varese, molto attiva aveva fatto un progetto valido di comunicazione, insieme, per capirci, al Sacromonte di Varese (anche esso patrimonio Unesco), oppure L’Eremo di Santa Caterina al Sasso.
Inoltre durante il periodo di Expo Milan 2015 , attraverso l’Associazione Turismo Sempione avevamo portato ed “imbarcato” ospiti italiani, cinesi e della UE… Oltre che scolaresche quando ancora ero docente.
L’amarezza raddoppia nel vedere questo Patrimonio Unesco, questo sito, presidio della memoria con gli insediamenti palafittici unico, lasciato andare cosi!
Una delusione.
Il mio appello : riprendere l’Isolino Virginia, valorizzarlo e portarci “turisti” ed “innamorati” della cultura e della natura!
Per fortuna in Provincia di Varese, non tutte le location sono in questo stato. Segnaliamo un sito dove prendere info per godersi appieno la “Città Giardino”: http://www.vareselandoftourism.com/